Conoscendo la vocazione
autolesionista del centrosinistra italico, non mi stupirebbe che
domani Bersani e i suoi votassero Amato come Presidente della
Repubblica. Intendiamoci, non ho nulla contro Amato, persona di per
sé rispettabile sia per la grande esperienza sia per i ruoli
rivestiti in momenti chiave della nostra storia repubblicana. Ma più
che il curriculum conta il valore simbolico di una scelta del genere:
votare Amato, e altri molto meno apprezzabili di lui, oggi come oggi
significa sostenere una politica di continuità rispetto a un passato
recente e meno recente da non emulare.
Se non fossi pessimista
per natura, non darei troppo ascolto alle voci di grandi intese che
circolano sui giornali in questo momento. E non darei credito a
Grillo, che di credito ha già ampiamente dimostrato di meritarne
poco e che sta conducendo la sua personale campagna di recupero voti,
mostrandosi a parole disponibile al dialogo dopo averlo nei fatti
recisamente rifiutato. Inoltre spererei ancora
che dal cilindro possa uscire un nome illuminante non uscito finora.
Ma bisogna pur dire che,
senza andare troppo lontani, basterebbe dare un'occhiata alla rosa
dei nomi proposti dal M5S. Tra questi, scartati coloro che per ovvie
ragioni di competenza non possono aspirare al Quirinale, si
annoverano Rodotà, Zagrebelsky, Prodi, che solo per il fastidio che
provoca a Berlusconi dovrebbe essere eletto per acclamazione, e, al
limite, anche la Bonino.
Che il Pd vada a pescare
in questo bacino. O che presenti un nome diverso per nome e cognome
ma simile per significato politico. Solo così, producendo il
cambiamento e rifiutando la Restaurazione, si potrà andare avanti.
Dando una buona dimostrazione di sé. Cosa che i vari Marini e
Finocchiaro, con l'apporto insostituibile di un Renzi, pur una volta
tanto condivisibile nei contenuti, non hanno saputo fare negli ultimi
giorni. E forse neanche negli ultimi anni.
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