mercoledì 27 febbraio 2013

Il voto (non) pindarico


A bocce ferme, ma a balle saldamente in movimento, qualche considerazione sarebbe il caso di farla:

  1. Quasi un terzo degli Italiani ha scelto la coalizione di Berlusconi per guidare il Paese.
Costoro sono irrecuperabili. Si tratta di una larga fetta di elettorato che ha tutto da guadagnare dalla sistematica depenalizzazione dei reati fiscali ed edilizi e dall'incoraggiamento all'evasione e all'illegalità. La corruzione e l'infrazione della legge sono percentuali di voto. Molto alte.

  1. Il centrosinistra ha raccolto molto meno di quanto si aspettasse.
È vero, sconta i propri errori: poca trasparenza sull'alleanza con Monti, insufficiente decisione sui tagli ai costi della politica, incapacità di interpretare adeguatamente l'esigenza di cambiamento. Certo, il centrosinistra si interroghi. Ma, per piacere, che non finisca con il consueto assedio masochistico, non solo infruttuoso ma francamente deleterio. Si dice che Bersani non ha saputo parlare agli imprenditori del nord-est. Ma la vera domanda da porsi è: “cosa vogliono sentirsi dire gli imprenditori del nord-est?”. Vogliono indietro l'IMU? Vogliono evadere il fisco? Vogliono trattenere le tasse al nord? Vogliono depenalizzare il lavoro in nero? Se si parla di questo, sarebbe il caso di tacere. Si dice che Bersani non ha saputo affrontare a dovere la questione meridionale. Ma a quanto pare l'hanno saputo fare perfettamente gli alleati della Lega. Ci penseranno loro. Si dice che Renzi avrebbe vinto a mani basse le elezioni. A parte la scontata obiezione dell'indimostrabilità dell'assunto, viene da chiedersi perché l'elettorato che ha scelto il cambiamento radicale avrebbe dovuto affidarsi al duo Ichino-Fornero, linea economica e previdenziale proposta durante le primarie. Davvero sarebbero bastate la gorgia e la verve del buon Matteo? Si dice che Bersani non ha saputo scaldare il cuore della gente. Ma cosa significa “scaldare il cuore”? Significa promettere tutto e il contrario di tutto? Non è a chi crede nel rimborso dell'IMU che il Pd e i suoi alleati potevano rivolgersi.

  1. Il centrodestra ha raccolto quasi la metà dei voti raccolti nel 2008.
Ciò nonostante, i toni assunti da pidiellini & co. sono trionfalistici. Questo perché le attese erano ben inferiori. La cosiddetta rimonta è tutta figlia di Berlusconi. Non ci indigniamo se ci verrà a dire che gli Italiani lo amano. È tutto vero.

  1. Grillo ha riscontrato un successo oltre le aspettative.
Il Movimento porterà 163 nuovi eletti in Parlamento. Bene. Gli Italiani hanno riversato su Grillo quelle esigenze di rinnovamento che abbiamo visto sopra. Bene. Dunque quasi un terzo dei votanti si è espressa a favore del rinnovamento radicale della classe politica? Soprassedendo sul fatto che questo anelito palingenetico ha permesso, aritmetica alla mano, a Scilipoti, Razzi, Cicchitto, Bondi, Bonaiuti, Formigoni, Calderoli, Lupi, Bossi, Capezzone et similia di tornare a sedere sui sudati banchetti e che per un soffio non ha provocato che costoro legiferassero ad libitum, mi pare molto più credibile che gli elettori grillini siano divisi a metà, tra coloro che auspicano il cambiamento della classe politica come punto programmatico fondamentale e coloro che hanno ceduto al fascino dell'uomo solo al comando, del bercio sguaiato, delle ricette facili, della realtà in pillole e dello spettacolo che diventa attività pubblica. Non esattamente un grande passo in avanti nella coscienza civica, rispetto al presente, al passato più recente e al passato remoto. Resta da capire quale strada desideri intraprendere il grande boss; se perseverare con la notte in cui tutte le vacche sono nere o se assumersi qualche responsabilità, mettendo in pratica almeno una parte di ciò che è andato sbandierando. Chiaro che cercherà fino all'ultimo di facilitare l'esiziale - smentita da Bersani ma, pare, non osteggiata affatto dal baffetto nazionale - intesa Pd-Pdl, in fiduciosa attesa delle prossime elezioni e della scontata e conseguente affermazione in esse. Personalmente vedrei di buon occhio un appoggio del M5S su proposte concrete e auspicabili del Pd: i grillini, per imposizione padronale, sarebbero davvero disposti a dire di no a una legge sul conflitto di interessi, a una valida riforma elettorale, a una legge per il contenimento delle spese della politica, a provvedimenti in favore della scuola pubblica, della green economy?

  1. Il numero di votanti è diminuito di circa il 5%.
Il partito di Grillo non ha portato a votare gente nuova. E ha preso i voti dai partiti tradizionali. Da ibrido ideologico qual è ha sottratto punti percentuali a destra e a sinistra. Ma, temo, soprattutto a sinistra, dove il dato finale è stato ben inferiore alle attese. In altre parole chi ha votato Berlusconi lo rivoterà sempre: non c'è Grillo che tenga. Nell'elettorato di sinistra, da sempre molto più critico, il messaggio eversivo del Movimento ha fatto breccia.

  1. La cosiddetta Federazione della Sinistra non solo non torna in Parlamento ma riceve appena il 2% dei consensi.
Se la sinistra estrema è passata da un 13% circa di consensi (sommando Rifondazione Comunista, Verdi e Comunisti Italiani) ottenuto nel 2006 al 2% attuale, qualche domanda se la dovranno porre. Certo, in questa politica mediatica ed esibizionista la minore visibilità rispetto ai concorrenti ha contribuito. Ma forse sarebbe il caso anche di aprire una discussione sul senso dei partiti di testimonianza. Forse è finita l'epoca in cui ai cittadini andava bene che si parteggiasse per loro, ma senza che vi fosse né un riscontro effettivo né una rappresentanza accettabile in Parlamento. L'ideologia ha il suo valore. I fatti pure.

sabato 23 febbraio 2013

Aspettando lo tsunami


Saluto con gioia il giorno prima dell'infelicità, cioè quello del voto. Lo saluto con gioia per il silenzio che reca con sé, dopo gli schiamazzi scomposti di una campagna elettorale orripilante. L'ultima immagine che ne rimane, degno suggello, è piazza San Giovanni gremita di adepti inneggianti al nuovo Wolf "risolvo problemi" della politica italiana.
Le ragioni di tale consenso sono ben individuabili storicamente. Ma c'è qualcosa che trascende tali ragioni e affonda le proprie radici nella psicologia collettiva italiana, nei suoi vizi tradizionali, nei suoi inossidabili demoni. La chimera dello tsunami del nuovo che spazza via tutti i problemi, sapientemente abbinata a manie di persecuzione, logiche complottiste, esibizioni da avanspettacolo, pensiero unico e guerra agli oppositori, veri e immaginari, è l'ingrediente "segreto" di un successo tanto repentino quanto doloroso per il Paese. Nel leader carismatico che urla e impreca contro le caste, contro i colpevoli della crisi che stiamo vivendo, contro l'Europa, contro l'Euro e contro tutto persiste il sogno recondito di tutti gli Italiani di potersi dire sempre immuni da responsabilità, inneggiando alla castità di una società civile che, se solo ne avesse avuto il potere, avrebbe garantito prosperità, trasparenza e giustizia.
Il fatto è che non esiste fallimento della politica che non contempli il fallimento del proprio elettorato. Così come non esiste una casta distinta antropologicamente da chi ne è escluso. La politica, radicata sul territorio, fatta da proposte serie e discusse e da precise scelte di campo, è l'unica soluzione per uscire dalla crisi e per non cadere in fenomeni che abbiamo già conosciuto. Che piaccia o no. Continuare a sbraitare sull'uguaglianza intrinseca di tutti e sull'urgenza della loro rottamazione è un comodo paravento dietro il quale nascondere i propri errori. Guardarsi allo specchio e riconoscere la propria responsabilità sarebbe il primo passo in avanti di un Paese destinato a dare sempre la caccia ai fantasmi di nemici inesistenti, a costruire complotti fasulli - quando potrebbero bastare i tanti misteri irrisolti - e correre dietro al pifferaio di turno, che meglio degli altri ha saputo approfittare delle debolezze dei suoi elettori.