giovedì 28 marzo 2013

La discussione trasparente




Dunque stasera Bersani salirà al Quirinale con il solo carico di una valigia carica di buone intenzioni. Nel turbinio di brutte notizie che riceviamo ormai quotidianamente, vale la pena segnalarne una positiva, una volta tanto: la diretta streaming dell'incontro tra Bersani e i capigruppo pentastellati Lombardi e Crimi, spalleggiati da un drappello di colleghi straniti agli ordini, si fa per dire, di Rocco del Grande Fratello.
Ebbene, senza questa diretta noi tutti ci saremmo persi l'ennesima sublime dimostrazione di inconsistenza e arroganza politica, condita da quella buona dose di antipatia e incapacità che non guasta mai. Abbiamo appena il tempo di capire che non ci sarebbe stato bisogno né dello streaming né della riunione, perché la decisione era già stata presa nel magico mondo di Gaia, e già i due novelli salvatori della patria incalzano il malcapitato aspirante Presidente del Consiglio con i più ferrei postulati del politichese 2.0. Dall'elusione del dialogo con le parti sociali, alla deresponsabilizzazione preventiva, passando per Ballarò e i vent'anni di inettitudine e sconcerie, è un bel valzer di idiozie sentite mille volte nei contesti più disparati, ma forse mai in un luogo istituzionale, neanche nei luoghi istituzionali italiani, che pure hanno subito i più gravi soprusi in materia di buon senso e pudore. Ciò che sembra sfuggire ai nuovi cavalieri della pancia propria è che:
  • non interloquire con le associazioni che rappresentano il mondo del lavoro e delle imprese rende implicita la pretesa di conoscere, per innatismo, tutte le questioni e le necessità del momento e di ergersi a unico soggetto in grado di poter dire qualcosa.
  • accusare tutta la classe politica di fallimento per quanto riguarda gli ultimi vent'anni di governo significa deplorare un intero sistema democratico. Ogni eletto ha alle spalle un gruppo più o meno numeroso di elettori che lo ha scelto come rappresentante delle proprie istanze. Gli orrori della classe politica sono anche gli orrori del suo elettorato, compresa quella società civile che i pentastellati venerano con tanto trasporto e da cui dicono di provenire.
  • entrare in Parlamento e motivare il proprio disimpegno con il pretesto della mancanza di colpe significa infischiarsene del 25% dei votanti - tacendo di tutti gli altri - che ha apposto la fatidica, ed esiziale, x sul simbolo con i corpi celesti, sperando che almeno alcune delle cose nel programma venissero attuate (e ciò è possibile). Che poi una buona parte di questo 25% di votanti il programma non l'abbia neanche letto è tutt'altro paio di maniche. E ciò spiegherebbe anche in qualche modo il successo del partito.
A suggellare il tutto è arrivato, puntuale come solo le brutte notizie sanno fare, il commento di Beppe Grillo, cioè colui che, per precedenti condanne, si è autoescluso dal Parlamento ma può tranquillamente decidere le sorti di tutto il Paese, senza rispondere ai suoi connazionali con regolare mandato elettorale. In estrema sintesi ha ribadito, un mese dopo le elezioni, che devono andare tutti a casa, mettendo così in discussione non solo la buona prassi politica ma anche la democrazia rappresentativa stessa. Ciò è come dire, né più né meno, che il voto di più di metà degli Italiani non meriterebbe di avere rappresentanza parlamentare e andrebbe conseguentemente gettato nella cloaca massima.
In tutta franchezza, caro Beppe, di Berlusconi ce ne bastava uno. La versione 2.0 è solo un po' più spaventosa.

giovedì 21 marzo 2013

Conversazione in Quirinale



Ma ve lo immaginate Grillo a colloquio dal Presidente Napolitano?

- Allora, cosa ha in mente, Onor... ehm no... Senat... ehm no... Dottor... no... beh insomma, signor Grillo?
- Vaffanculooooo, nonno, torna a dormire!
- Senta, chi si è portato con sé?
- No, nessuno, son due stronzi della casta.
- Ma non sono i suoi capigruppo?
- Ah già. Va beh, insomma, me lo dai l'incarico, vecchio narcolettico?
- Prima dovremo terminare le consultazioni, poi valuteremo.
- Ah, davvero? Ha parlato già con qualcuno? E parlerà con qualcun altro?
- Eh sì, questa è la prassi.
- Ma vaffanculoooo!
- Ha qualcosa di costruttivo da proporre signor Grillo?
- Certo, abolizione della casta, abolizione di lei, del Parlamento, delle province, dei Comuni sotto i 700.00 mila abitanti, dei microchip sottocutanei e fuori dall'Euro e dall'Unione Europea. Introduzione per decreto legge dei mooncup e instaurazione forzosa del futuro nel presente. Anche a livello grammaticale.
- .....
- E poi vaffanculooooo!
- Ha altro da aggiungere?
- Via gli zombiiiiessss!
- Ha portato anche Casaleggio?
- Ah no, lui ci sta seguendo in streaming, saluta là, vecchiaccio! Guarda in camera, di' "arrendetevi, siete circondati".
- ...
- Svegliaaaaa!
- Ma la fiducia a un governo Bersani la voterebbe?
- Vaffanculooooo!
- Ha intenzione almeno di aprire una proficua discussione con i partiti in Parlamento?
- Fuori i partiti dal Parlamento! Dentro i cittadini!
- Grazie, signor Grillo, è stato un piacere. Mi saluti i due sordomuti là dietro.
- Vaffanculoooooo, vegliardo bastardo!

Che Paese meraviglioso il nostro!

martedì 19 marzo 2013

Litania



Forza miei prodi (non Prodi, eh), ripetiamo tutti insieme il peana:

Bersani e Berlusconi pari sono,
Grasso e Schifani pari sono,
Vendola e Salvini pari sono,
Boldrini e Casini pari sono,
Djokovic e Cipolla pari sono,
Gandhi e Milosevic pari sono,
Falcone e Riina pari sono,
Mina e La Pina pari sono,
Manzoni e Moccia pari sono,
Agostini e Romboni pari sono,
Chaplin e Calà pari sono,
Rodotà e Canà pari sono.

Escatologico e scatologico pari sono,
Franco e Pertini pari sono,
Gramsci e Mussolini pari sono,
Sallusti e Biagi pari sono,
Lincoln e Bush pari sono,
Chiodi e Baggio pari sono,
Marconi e Otelma pari sono,
Lavitola e Salvemini pari sono,
Che Guevara e Battisti pari sono,
stupro e amore pari sono,
Springsteen e Nek pari sono,
Goebbels e Anna Frank pari sono.

sabato 16 marzo 2013

Movimento in Parlamento


In questo clima di totale incertezza politica, in cui a pagare comunque saremo noi "società civile", tra ieri e la mattinata di oggi qualche certezza in più l'abbiamo acquisita.
Il Movimento 5 Stelle ha dato il consueto sfoggio di arroganza, incapacità e opportunismo politico della peggior razza. Sentire la Lombardi sbraitare per i 420.000 inutilmente spesi ieri è come ricevere un pugno nello stomaco: tralasciando il fatto che saranno loro a portare gli Italiani a nuove elezioni (circa 400 milioni di euro la spesa), dov'erano i parlamentari grillini ieri mentre si dissipava denaro pubblico? Cosa facevano per evitare tale sperpero? Non erano forse arroccati nel loro silenzio imposto dalla Santa Diade? Come se la mancanza di dialogo con chiunque non la pensi come te fosse un valore. Invece la Serenella Fuksia, che spero vivamente abbia adottato un nome d'arte, sorteggiata alla presidenza della Giunta per le Elezioni, decideva di smentire il suo capogruppo al Senato, trascurando di porre la questione dell'ineleggibilità di Berlusconi. Una questione da poco, come sappiamo. E mentre la grande mamma di Latina, Ivana Simeoni, che ama così tanto la famiglia da portarsela in Parlamento, non si ricordava neppure il nome del candidato alla presidenza del Senato che ha votato e voterà (Orellana) e mentre il solito Vito Crimi richiamava tutti ai veri problemi del Paese, cioè l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, che risolverebbe il problema del debito pubblico italiano ben dello 0.001%, i Grillini segnavano i nomi dei prescelti sulle schede, ben sapendo che gli altri avrebbero votato scheda bianca, prassi antica quest'ultima e quanto mai buona, secondo la quale prima di indicare un proprio esponente per un ruolo istituzionale si deve discutere. Cosa evidentemente sfuggita a chi, ormai dichiaratamente, vuole sovvertire la democrazia rappresentativa.
Oggi in mattinata una parziale buona notizia: il Pd voterà al Senato Pietro Grasso e Laura Boldrini alla Camera, e non, come ventilato ieri, Franceschini e la Finocchiaro. Un segnale di cambiamento fortissimo, a cui gli isy-pil nostrani hanno risposto con un sontuoso “votateveli voi”.
Finirà, come tutti ormai avranno capito, con un Bersani carico di valigie di buoni propositi e un Renzi pronto a subentrare a partita in corso. Finirà con nuove elezioni e con un Berlusconi pronto a riprendersi quella poltrona che ha impressa la forma del suo posteriore. Peccato, per la prima volta nella storia repubblicana sarebbe stato un governo di discontinuità. E il M5S avrebbe potuto dare il suo apporto e dire la sua. Se solo avesse una sua da dire. D'altra parte la guerra di Grillo non è contro la casta, né contro il sistema politico, né contro gli sprechi, né, tanto meno, contro Berlusconi. È contro il Pd. 

martedì 5 marzo 2013

"Chi marcia non si diminuisce"



Lo dico chiaramente e preventivamente, in modo che ciascuno, tra i pochi lettori che posso vantarmi di avere, si regoli di conseguenza e decida se è il caso di proseguire. Da anni avverto come irritanti, antidemocratici, inquietanti e pericolosi Grillo e il suo Movimento. Negli ultimi tempi la loro maggiore visibilità mi ha permesso di arricchire di nuovi contenuti la mia ostilità. Primo fra tutti quello della creazione, naturalmente frutto di un ineccepibile piano d'azione avviato diversi anni fa, di una vera e propria setta.
Da setta è il linguaggio: giochi di parole, titoli, attributi, frasi condivise, diffusione del Verbo, diffamazione di tutto ciò che è contrario al M5S, compresa l'intera stampa italiana percepita come schiava della casta e dunque aprioristicamente ostile. Risultato? Un gruppo di adepti coeso come una schiera oplitica. Qualunque cosa accada, è colpa degli altri, nella più bieca riproposizione della primaria fantasia del popolo italiano, quella cioè della deresponsabilizzazione somma e sommaria. La coincidentia oppositorum, grazie alla quale si può affermare e negare contemporaneamente una cosa, non solo non è da evitare, ma è auspicabile come cusaniana chiave interpretativa del divino grilliano. Creazione di un sistema informativo-mediatico alternativo: la cosiddetta controinformazione, alias disinformazione. Obiettivo raggiunto insomma.
Da setta è l'assunto principale: esiste una Verità attingibile, univoca e valida sempre. Il compito del Movimento è quella di divulgarla, soprattutto tramite internet, a detta loro, il canale “free” per eccellenza. Non sto a dilungarmi eccessivamente sulla questione ma, bella o brutta che sia, esiste democrazia solo laddove i partiti rappresentino interessi e visioni del mondo differenti. In altre parole la Destra e la Sinistra non sono sacerdoti di fideistiche rivelazioni differenti e contrarie ma solo rappresentanti di distinte soluzioni ai problemi di uno Stato e distinti approcci, mutevoli di volta in volta, al reale. In mezzo sta, o meglio dovrebbe stare, la dialettica: non a caso il luogo deputato a tale sintesi si chiama Parlamento, teatro supremo del dibattito. Molto più semplicemente, a giovamento di chi fosse duro di comprendonio, non esiste democrazia senza partiti e senza contrattazione e dibattito tra proposte diverse. Sono i dittatori a scegliere e imporre a tutti la propria visione del mondo.
Da setta è poi l'organizzazione interna, necessario derivato del postulato precedente: chi decide? Le assemblee per alzata di mano? Gli internauti allo sbaraglio via referendum? Dietro la facciata di trasparenza e buoni propositi, fatto di rinnovi semestrali delle cariche amministrative e consultazioni sul web, si cela il decisionismo della diade Grillo-Casaleggio, che legifera e dispone a piacimento, in quanto depositaria dell'unica Verità.
Da setta è l'ideologia anti-ideologica: destra e sinistra sono categorie superate, infidi tranelli della casta. Il Movimento accoglie di buon occhio tutti. Valuta le idee di volta in volta, senza valutarle minimamente. Basta che sul carro salga più gente possibile. E che questi siano interessati a un modo semplice per “rinnovare” la società e per realizzare il sogno di tutti, che è un modo elegante e gentile per dire “dittatura”. Che si guardi il programma: un'accozzaglia indefinita di apoftegmi e utopie buona come richiamo per i tordi, capace di armonizzare la negazione del diritto di cittadinanza ai figli degli immigrati e il reddito di cittadinanza. Un serio piano industriale? Una chiara politica sul lavoro? Una politica economica che non contempli l'elaborazione di gombloddi variegati (a proposito, quelli della Goldman Sachs si sono detti entusiasti dell'ondata grillina)? Macché! Sulla scuola pubblica? Basta l'abolizione della Riforma Gelmini? Basterà introdurre un sistema di valutazione dei docenti universitari basata sui giudizi degli studenti (che saranno certamente ben disposti se saranno stati bocciati)? L'importante è dimezzare i parlamentari e tagliare i vitalizi. Questi provvedimenti sì che ci faranno uscire istantaneamente dalla crisi più grave dal '29 in su, prodotto di un nefasto sistema, su base mondiale, liberistico sfrenato e iniquo, dominato dal potere della finanza. Grazie. Quando sapremo che il capogruppo grillino Crimi prenderà un obolo mensile di 10.000 euro invece che 12.500 faremo tutti sogni ameni. Sotto il ponte della stazione.
Se Berlusconi è figlio della crisi politica causata da Tangentopoli, Grillo è il figlioccio del Berlusconismo.
A ulteriore scanso di equivoci aggiungo che:

  • nessuno mi paga. Magari qualcuno lo facesse;
  • non sono servo della casta: qualunque cosa si intenda per “casta”, temo non mi riguardi;
  • a forza di “svegliaaaa” mi sono svegliato. Ma, come ho già detto, non è un fatto recente;
  • ho così tanto sentito invocare il gombloddo da capire che chi lo invoca ne nasconde uno;
  • la matematica non è mai stato il mio forte, ma so che uno vale uno. Come so che zero vale uno meno di uno;
  • internet mi piace tantissimo. Mi piace molto meno quando diventa un moltiplicatore di assurdità;
  • in effetti mi sento circondato, dall'inettitudine e dalla stupidità. Ma non mi sono ancora arreso. Che illuso.

Benissimo.

Ora, in molti, me compreso, hanno salutato con gioia il rinnovamento del nostro Parlamento, perfettamente consapevoli del contributo, diretto e indiretto, dato dal M5S in questa operazione. Non nascondo di aver auspicato, senza riporvi troppe speranze, un'intesa funzionale alla realizzazione di alcuni importanti e necessari provvedimenti quali la riforma elettorale, il contenimento delle spese della politica, un'efficace legge sul conflitto di interessi, l'elaborazione di un modello vincente di green economy e altri ancora.
Finora, però, abbiamo assistito a un'aberrante sequela di scempiaggini: un misto di incapacità, dipendenza intellettuale e fanatismo (anti)ideologico tale da far impallidire non i partiti della Costituente ma persino quelli di Tangentopoli e della Seconda Repubblica. Tra un Palazzo Madama da cercare su Google Maps, un numero certamente da chiarire di parlamentari (da tagliare) e un inestricabile sistema di elezione del Presidente della Repubblica, gli uno grillini attendono in ansia il verbo urlante dell'Uno plotinamente inteso, ma consustanziale all'Altro, misterioso come Harry Potter sotto il Mantello dell'Invisibilità.
Ora che, numeri alla mano, si potrebbe davvero realizzare qualcosa in direzione del cambiamento, della rottura col passato triviale, anticostituzionale e fautore di iniquità e recessione, gli ambigui segnali provenienti dalle segrete stanze casaleggiane sono di chiusura totale, cauta apertura a un governo di tecnici e di nuovo chiusura totale. La soluzione sarebbe quella di votare la fiducia a un governo grillino, in barba a quel 75% di votanti che non ha scelto il M5S. Non stupisce affatto questo atteggiamento: la chiusura ai partiti è funzionale all'ulteriore promozione del proprio marchio, in vista delle prossime elezioni (e si rivoterebbe con questa legge elettorale?), nonché, temo, alla realizzazione del progetto totalitario e dispotico che da sempre, almeno nella stanza dei bottoni, hanno in testa. Nel mezzo però ci siamo noi, noi “società civile”, a pagare la crisi, la mancanza di governabilità e i ricatti grillini da ventennio nero col nostro portafogli. E non stupisce neppure la durezza dei neo-eletti, del tipo umano più variegato e curioso: dall'ex leghista alla nostalgica del grande senso dello Stato dimostrato dal primo Fascismo (quello del cadavere di Matteotti, giusto per capirci), passando per l'abusivista. È la strategia meritocratica per eccellenza: trombati alle amministrative, ma catapultati in Parlamento secondo la logica per cui gli altri sono arrivisti e corrotti ma sui grillini non si può dubitare; spinti dall'ansia del rinnovamento, essi si prodigano indomiti per la moralità e la giustizia sociale. E attenzione, non si scende a compromessi: si rispetta il decalogo del blog, scritto da uno che, in quanto condannato, non merita di fare il parlamentare ma può liberamente decidere dall'alto la sorte del nostro Paese. E mentre si rispetta il decalogo si manda a spigolare l'articolo 67 della Costituzione.
D'altra parte non è stato spiegato loro che, ora che sono dentro, o vanno a casa pure loro o rappresentano tutto il popolo italiano. Magari lo impareranno durante i corsi di formazione alla Luiss, pagati da Casaleggio. A proposito di scuola pubblica. A proposito di programmi. A proposito di buon senso.