Trovo
davvero inaccettabile che, dopo la sconcertante sequela di disastri
compiuti nelle ultime settimane e, più in generale, negli ultimi
vent'anni dalla dirigenza del Pd, si parli di chiudere il congresso
e, finanche, di procedere con un'operazione simile, mutatis
mutandis, a quella del 2009 quando Franceschini fu reggente e poi
candidato alla segreteria. Ma stavolta senza primarie.
Per
come si è evoluta la situazione appare più chiaro del sole che
l'istinto di autoconservazione stia decisamente prendendo il
sopravvento su una lettura onesta e realistica della realtà, che,
come minimo, consideri la disapprovazione profonda che viene dalla
base, o per lo meno da quella parte di essa che non si è fatta
convincere dagli afflati autoassolutori di certi dirigenti, locali e
non. Pensavamo davvero di aver chiuso i conti con quella politica
paternalistica che impone se stessa al proprio elettorato, forte di
una superiorità morale e strategica. Molto supposta, nel nostro
caso, laddove il termine va inteso anche come sostantivo. Con la
scusa sempreverde dello stato di emergenza, i dirigenti Pd si
chiudono a riccio nella torre d'avorio del conservatorismo e di
quella vecchia (mala) politica sconfitta sonoramente alle ultime
elezioni. Lo strumento privilegiato torna a essere la disciplina di
partito, a emblema di una sconfitta politica, intellettuale,
identitaria e culturale.
Tra
un piano di involuzione e l'altro c'è poi spazio per lo stupore:
Biancofiore ricollocata, minacce del Pdl in caso di ius soli,
Berlusconi che si propone come presidente di quella superba e
incostituzionale perversità che si chiama Convenzione per le
riforme. Sorpresa generalizzata. Come se affidare il governo e
consegnare il Paese a queste persone avesse mai significato qualcosa
di diverso e più nobile. Che si sprechino pure i paragoni con la
Resistenza e Badoglio e il compromesso storico. Da tali esimi exempla
scaturirono l'8 settembre e il CAF e la relativa impotenza del
PCI, tanto per capirci.
Se
vogliamo azzardare un confronto, restiamo sull'8 settembre. La
confusione, la rabbia, lo sbando di quel giorno sono anche i nostri.
Nessun commento:
Posta un commento