domenica 5 maggio 2013

La torre d'avorio




Trovo davvero inaccettabile che, dopo la sconcertante sequela di disastri compiuti nelle ultime settimane e, più in generale, negli ultimi vent'anni dalla dirigenza del Pd, si parli di chiudere il congresso e, finanche, di procedere con un'operazione simile, mutatis mutandis, a quella del 2009 quando Franceschini fu reggente e poi candidato alla segreteria. Ma stavolta senza primarie.
Per come si è evoluta la situazione appare più chiaro del sole che l'istinto di autoconservazione stia decisamente prendendo il sopravvento su una lettura onesta e realistica della realtà, che, come minimo, consideri la disapprovazione profonda che viene dalla base, o per lo meno da quella parte di essa che non si è fatta convincere dagli afflati autoassolutori di certi dirigenti, locali e non. Pensavamo davvero di aver chiuso i conti con quella politica paternalistica che impone se stessa al proprio elettorato, forte di una superiorità morale e strategica. Molto supposta, nel nostro caso, laddove il termine va inteso anche come sostantivo. Con la scusa sempreverde dello stato di emergenza, i dirigenti Pd si chiudono a riccio nella torre d'avorio del conservatorismo e di quella vecchia (mala) politica sconfitta sonoramente alle ultime elezioni. Lo strumento privilegiato torna a essere la disciplina di partito, a emblema di una sconfitta politica, intellettuale, identitaria e culturale.

Tra un piano di involuzione e l'altro c'è poi spazio per lo stupore: Biancofiore ricollocata, minacce del Pdl in caso di ius soli, Berlusconi che si propone come presidente di quella superba e incostituzionale perversità che si chiama Convenzione per le riforme. Sorpresa generalizzata. Come se affidare il governo e consegnare il Paese a queste persone avesse mai significato qualcosa di diverso e più nobile. Che si sprechino pure i paragoni con la Resistenza e Badoglio e il compromesso storico. Da tali esimi exempla scaturirono l'8 settembre e il CAF e la relativa impotenza del PCI, tanto per capirci.
Se vogliamo azzardare un confronto, restiamo sull'8 settembre. La confusione, la rabbia, lo sbando di quel giorno sono anche i nostri.

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