lunedì 27 maggio 2013

Le déserteur




Al di là dei risultati, il dato che più salta agli occhi in questa tornata elettorale è il drastico calo dell’affluenza, registrata tra l’altro, in questo caso, nell’entità amministrativa che è storicamente più sentita dai cittadini italiani. E ciò fa il paio con le ultime politiche e con le ultime Regionali. Insomma, chi doveva riportare al voto milioni e milioni di delusi ha fallito. Chi doveva evitare che si venisse a formare una sacca di insoddisfazione così estesa ha fallito prima e continua a fallire ora. Lo so che continuo a chiedere l’impossibile, ma non sarebbe giunta l’ora di mettere davvero in discussione la prassi partecipativa degli attuali organismi partitici? No perché questi dati qualche riflessione dovrebbero suscitarla.
Disertare le urne significa in primo luogo ritenere che il proprio contributo alla vita democratica della collettività sia inutile. Non so se sono chiare le implicazioni distruttive di questo assunto: una disaffezione così crescente verso le istituzioni e i loro rappresentanti è sintomo di un complessivo sfaldamento dell’intero gruppo sociale. Più banalmente, una schiera di persone si autoesclude dai meccanismi rappresentativi semplicemente perché non li ritiene rappresentativi. Terreno fertile per ideali autoritari, terrorismo, violenza.  Il quadro non migliora affatto se individuiamo nel disinteresse la causa di questa massiccia non partecipazione: la frantumazione della coscienza civica è parte attiva nel processo in quanto specchio di una società plurale nei bisogni ma individualistica nelle forme d’azione. In questa concezione della vita pubblica, l’attività politica è percepita solo come il trampolino per prospettive di carriera e non come elaborazione di proposte per il bene comune (vi ricorda qualcosa?).

Se la politica non ritrova questa dimensione, integrando, senza fagocitare, nei suoi processi il numero più alto possibile di persone, movimenti e associazioni e rendendoli parte attiva all’interno di un luogo di discussione finalizzato all’elaborazione di progetti concreti e di soluzioni al rialzo, i dati sono destinati a peggiorare. Il modello americano è dietro l’angolo. La crisi della rappresentanza non può essere l’alibi numero uno, ma lo stimolo a cambiare davvero lo stato delle cose. Ricordatevene quando i soliti noti imporranno di chiudere il congresso del Pd ai soli iscritti, e magari solo a quelli di vecchia data, e/o blatereranno sul successone del modello Lettalfano. Perché lo faranno. Su questo non ho dubbi.

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