lunedì 25 agosto 2008

Pianti di gioia e pianti di dolore: la Cina double face

Vezzali, Cammarelle, Schwazer, Pellegrini, Minguzzi, Quintavalle, Cainero, Tagliariol: volti da Olimpiade, con un medaglione pesante pesante attaccato al collo. Sono volti di gioia e fatica, di anni di allenamenti e sudore, lontani dalle luci dei palcoscenici. Per tre settimane sono i loro metalli a brillare, prima che gli italiani ingrati e immemori li ripieghino per bene e li posino di nuovo nel cassetto del dimenticatoio. Cederanno il passo agli spropositi dei calciatori, capaci di regalarci – e sia detto così, en passant – un match col Camerun indecente e un quarto di finale perso 3-2 nonostante la superiorità numerica per più di un’ora e due rigori a favore contro un modestissimo Belgio.
Un pensiero va a quel che poteva essere. La Sensini, le ragazze delle ritmica, Coppolino e Morandi, il fioretto a squadre femminile: parliamo di argenti, bronzi e legni; e ingiustizie. Lungi da me dar adito al più tipico vittimismo all’italiana; per non scadere nella retorica banale diciamo allora che il fattore casa ha giocato un ruolo decisivo. Più importante degli atleti stessi, in molti casi. Ma c’era da aspettarselo, così come avrebbe dovuto aspettarselo anche il CIO, incauto nella scelta della sede olimpica.
La Cina ha indossato il suo abito migliore, nascondendo i buchi e gli strappi sotto toppe invisibili. Lo sport ha inserito la modalità “panem et circenses”, stordendo di gioia un pubblico locale sportivo e festante, quasi conscio dell’ora di libertà concessa, come uno studente che si gode l’ultimo giorno di vacanza, prima del rientro a scuola. I trionfi degli atleti, meritati e non, hanno suggellato il tutto. A dimostrazione della strada giusta da imboccare, quella della fedeltà al regime, alla fatica, al proprio popolo, alla propria politica. Come se un oro o un successo sportivo potesse insinuarsi negli interstizi degli avvenimenti recenti e non, le vite strozzate, le libertà negate, le verità oscurate, per rimuoverli dalla coscienza collettiva.
La parte del moralizzatore indegno non mi compete; ma il sentir parlare di bambini strappati alle proprie famiglie per essere rinchiusi in palestra 18 ore al giorno non fa bene a nessuno. Un paese che può contare sull’apporto di un miliardo e trecentomila anime può permettersi anche di rispettare i diritti umani e contemporaneamente rimanere ai vertici del medagliere olimpico.
Ma la Cina è così. E le cerimonie di apertura e chiusura sono parse dei moniti, rivolti a tutto il mondo: “siamo tanti, forti, disposti a tutto”. Le forme geometriche e l’attenti dei soldati hanno ricordato molto l’Europa di non molti anni fa; un’Europa che tanti, troppi, rimpiangono. E la nostra risposta – noi democratici, occidentali, civili; le etichette lambiscono appena la realtà senza raggiungerla – dev’essere qualitativa, non quantitativa. Ci vogliono investimenti, forze, giovani da sfruttare. Nello sport come nell’economia. Se la risposta agli stracciatissimi prezzi cinesi saranno i tagli al personale e le decurtazioni di stipendio andremo incontro a una fine certa.
Ma in fin dei conti parlavamo di sport. Parlavamo di Phelps e Bolt, delle imprese epiche che rimarranno in copertina, dietro ai mille flash dei fotografi impazziti; dietro alle luci straordinarie degli stadi e delle piscine, sotto i giochi pirotecnici, stupendi e abbaglianti, dello stato cinese. Eppure il cruccio mi rimane. Una questione di stomaco forse. Una sensazione di teatrino, di ombre cinesi, capaci di rapire, ammaliare, divertire.
Lo sport è pur sempre sport, e non può cambiare le cose, dicono. Tuttavia una sua funzione l’ha avuta: ci ha mostrato una realtà, dietro molte finzioni. Che gli scintillii vari allora non ci accechino del tutto, questo l’auspicio. Il Tibet resta là, testimonianza ingombrante delle violenze e dei soprusi insabbiati. Monito agonizzante rivolto a tutti. Segno impresso sui corpi di molte persone da una potenza mitopoietica, costruttrice di mondi effimeri e irreali. Per nascondere la sabbia sotto il tappeto.

2 commenti:

Andrea ha detto...

secondo me la cosa più sconvolgente è il CIO.
è stato assurdo scegliere la cina come paese organizzatore.
e ancora di più è stato assurdo l'atteggiamento del cio durante le olimpiadi,non hanno preso mai,ma dico mai la parola per questioni politiche e sopratutto quando c'erano arbitraggi da terzo mondo...(scherma docet).avrebbe dovuto essere un organismo attivo,garante e vigilante...è stato invece dormiente.

a proposito della spedizione azzurra dico che sono soddisfatto...certo si poteva fare molto di più (sopratutto in atletica,ginnastica artistica e giochi di squadra) ma visto lo stato attuale della programmazione sportiva in italia non ci possiamo lamentare.

sulla cina,sui cinesi non dico nulla...le ultime parole di yimou dicono tutto sulla mentalità di quei pazzi...

Mara ha detto...

Un tempo le Olimpiadi riuscivano a fermare le guerre...sono state un movimetto attivo nella politica....perchè ora che ci reputiamo (a volte, purtroppo, erroneamente) più civili servono solo come intrattenimento al grande pubblico?
Funzionano solo come strumento di distazione,niente da dire, una distrazione piacevole ma a volte certi avvenimenti,certe situazioni non possono prescindere da altre....
E' giusto lamentarsi del nostro medagliere non proprio splendido...lo è ancora di più farlo di fronte a tutte le ingiustizie che ci troviamo ogni giorno davanti agli occhi, basta aprirli un pò di più.