venerdì 12 settembre 2008

I deja-vù della domenica, senza perdere il ritmo

Bastano un paio di mesi, forse meno, e ti sembra tutto risolto. Dimenticato. Cronache lasciate nel cassetto a fare la polvere. Poi ricomincia il campionato.
E’ una ricorrenza sui generis; la violenza nel calcio è un santo patrono che si festeggia ogni fine settimana. Dovrebbero allestire qualche bancarella, vendere porchetta e brigidini per celebrare il lieto evento.
E’ anche un fenomeno che unisce, si badi bene. Bipartisan. Collega d’un balzo Catania a Brescia, Bergamo a Napoli, Verona a Roma. E nessuno potrà incolpare gli altri di non impegnarsi abbastanza; instancabili, i nostri eroi lavorano nel giorno in cui anche Dio si riposò.
E sono spontanee manifestazioni di gioia; passioni febbrili che si manifestano in tutto il loro ardore. Sono moderni Baccanali; falloforie sfrenate, in cui i falli sono precisamente i partecipanti stessi.
Ragazzate, ruzzano i pischelli. Vaje a di’ quarcosa. Quando saranno più grandi impareranno a fare le cose per bene. Ci siamo passati tutti.
Finché non prendi un treno e ti ritrovi circondato da migliaia di invasati, galeotti cui lo stato è incapace di legare una palla di ferro al piede. E sei magari anche costretto a ceder loro il posto, per non tornare a casa con delle ossa rotte, o, peggio, non tornare a casa per niente. E se dai uno sguardo rapido, vedi sedili smembrati, cartelli divelti, fumogeni lanciati come fossero coriandoli, vedi spranghe, mazze, coltelli, bombe carta. Allora ti godi lo spettacolo; aspetti che il sangue scorra sul cranio martoriato di qualcuno; poliziotto, passante, tifoso semplice, importa poco.
E per quanto sarcasmo si possa fare la realtà emerge brutale e drammatica. Una realtà di criminali legittimati dall’operato neutrale – se non apertamente compiacente – delle società, dalla connivenza del mondo politico, dalla debolezza di una giustizia poco lucida e troppo brancolante.
Le soluzioni per risolvere il problema sono a disposizione, abbaglianti nella loro efficacia. Hai voglia di ripetere che il mondo anglosassone e quello italiano sono diversi; hai voglia di ripetere che là c’è un maggior rispetto delle istituzioni e della res publica. Lo sappiamo. E sappiamo anche che gli hooligans dimostravano – e lo dimostrano ancora quando sono in libera uscita all’estero – un rispetto un po’ originale per le strutture statali. L’alternativa è chiudere gli stadi. O utilizzarli come un immenso ring, una zona franca in cui tutto è concesso; ma a porte sbarrate. Riapertura prevista alla fine delle ostilità, quando nessuno sarà più in grado di uscire con le proprie gambe.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Tutto giusto,tutto vero purtroppo..ogni fine settimana si ripete la stessa storia..oltretutto trasferte vietate, curve chiuse,così come tornelli,biglietti nominali,ecc.spesso hanno avuto l'effetto di allontanare dagli stadi la gente perbene anzichè i delinquenti..lasciamo stare poi alcuni commenti dei"politici" del pallone,vero Matarrese?

Andrea ha detto...

sono sempre stato contrario a manifestazioni di forza da parte della polizia.
ma in casi come quello dei tifosi del napoli a roma sarei dell'idea di autorizzare la polizia ad utilizzare anche le armi.tanto quella è gente che sarebbe meglio eliminare.

certi dementi devono capire.e se le buone maniere non producono risultati si passi alle maniere forti.l'attuale ministro dell'interno appartiene ad un partito che pare avere tolleranza zero verso i disordini pubblici..vediamo se riuscirà a risolvere la questione.o se si dimostrerà incapace anche in questo caso.
non è possibile che una partita di calcio sia libertà di delinquere.
altrimenti la soluzione estrema esiste,basta calcio,tanto si vive lo stesso.