venerdì 20 gennaio 2012

Shame: in un vortice di angoscia ***

Questa settimana cambiamo completamente genere rispetto a Woody Allen e ci dedichiamo a un film che la critica sta molto apprezzando - i puritani probabilmente no. Si tratta di Shame, secondo lavoro del regista inglese Steve McQueen (nome questo destinato ad avere successo nel mondo del cinema).
Brandon (Michael Fassbender), che lavora in un’azienda, è subito inquadrato nel suo letto, nudo. E sempre nudo gira per la sua bella casa, si fa la doccia, fa pipì e soprattutto ignora sistematicamente le telefonate di una ragazza che poco più tardi si scoprirà essere sua sorella Sissy (Carey Mulligan). Insieme alla solitudine, di Brandon scopriamo la dipendenza dal sesso: si masturba a casa, in ufficio, guarda film porno a casa, in ufficio, pensa al sesso in metropolitana, al bar, ovunque. Non c’è altro nella sua vita finché una sera non trova Sissy nella doccia (e quindi la prima immagine, anche di lei, è un nudo) e le consente di fermarsi per qualche giorno. Tra loro sembra esserci un rapporto molto stretto, ma anche molto difficile e a tratti disturbato (e più che altro disturbante per lo spettatore, che invano aspetta di capire cosa sia successo nel loro passato). Anche Sissy è problematica, finisce subito a letto con il capo di Brandon, padre di famiglia, dopo averci fatto intendere di avere una relazione in sospeso da qualche altra parte, sembra non sapersi prendere cura di se stessa ed essere alla continua ricerca di affetto. Ogni volta che cerca di avvicinarsi al fratello viene bruscamente respinta, in litigi sempre a un passo dalla violenza. L’unico momento in cui i due sembrano davvero vicini è quando lei, in un locale, canta New York, New York ed entrambi piangono in silenzio. Poi Brandon conosce una ragazza e sembra che possa piacergli davvero; ma questa volta il corpo non lo assiste, in un crudele contrappasso. Rientra così in un vortice di disperazione e dipendenza da cui non riusciamo a capire se potrà mai venir fuori.
La musica, gli ambienti asettici, la metropolitana, la città stessa concorrono a farci sentire in sintonia con Brandon, che non trova piacere in niente e tanto meno nel sesso, esercizio compulsivo che lo fa sprofondare sempre più in basso. Un senso di oppressione domina all’interno dello schermo e riesce a coinvolgere anche lo spettatore. Il finale è enigmatico, perché McQueen (insieme ai due bravissimi attori) vuole racconta una storia, senza trarne alcuna morale.

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