martedì 5 marzo 2013

"Chi marcia non si diminuisce"



Lo dico chiaramente e preventivamente, in modo che ciascuno, tra i pochi lettori che posso vantarmi di avere, si regoli di conseguenza e decida se è il caso di proseguire. Da anni avverto come irritanti, antidemocratici, inquietanti e pericolosi Grillo e il suo Movimento. Negli ultimi tempi la loro maggiore visibilità mi ha permesso di arricchire di nuovi contenuti la mia ostilità. Primo fra tutti quello della creazione, naturalmente frutto di un ineccepibile piano d'azione avviato diversi anni fa, di una vera e propria setta.
Da setta è il linguaggio: giochi di parole, titoli, attributi, frasi condivise, diffusione del Verbo, diffamazione di tutto ciò che è contrario al M5S, compresa l'intera stampa italiana percepita come schiava della casta e dunque aprioristicamente ostile. Risultato? Un gruppo di adepti coeso come una schiera oplitica. Qualunque cosa accada, è colpa degli altri, nella più bieca riproposizione della primaria fantasia del popolo italiano, quella cioè della deresponsabilizzazione somma e sommaria. La coincidentia oppositorum, grazie alla quale si può affermare e negare contemporaneamente una cosa, non solo non è da evitare, ma è auspicabile come cusaniana chiave interpretativa del divino grilliano. Creazione di un sistema informativo-mediatico alternativo: la cosiddetta controinformazione, alias disinformazione. Obiettivo raggiunto insomma.
Da setta è l'assunto principale: esiste una Verità attingibile, univoca e valida sempre. Il compito del Movimento è quella di divulgarla, soprattutto tramite internet, a detta loro, il canale “free” per eccellenza. Non sto a dilungarmi eccessivamente sulla questione ma, bella o brutta che sia, esiste democrazia solo laddove i partiti rappresentino interessi e visioni del mondo differenti. In altre parole la Destra e la Sinistra non sono sacerdoti di fideistiche rivelazioni differenti e contrarie ma solo rappresentanti di distinte soluzioni ai problemi di uno Stato e distinti approcci, mutevoli di volta in volta, al reale. In mezzo sta, o meglio dovrebbe stare, la dialettica: non a caso il luogo deputato a tale sintesi si chiama Parlamento, teatro supremo del dibattito. Molto più semplicemente, a giovamento di chi fosse duro di comprendonio, non esiste democrazia senza partiti e senza contrattazione e dibattito tra proposte diverse. Sono i dittatori a scegliere e imporre a tutti la propria visione del mondo.
Da setta è poi l'organizzazione interna, necessario derivato del postulato precedente: chi decide? Le assemblee per alzata di mano? Gli internauti allo sbaraglio via referendum? Dietro la facciata di trasparenza e buoni propositi, fatto di rinnovi semestrali delle cariche amministrative e consultazioni sul web, si cela il decisionismo della diade Grillo-Casaleggio, che legifera e dispone a piacimento, in quanto depositaria dell'unica Verità.
Da setta è l'ideologia anti-ideologica: destra e sinistra sono categorie superate, infidi tranelli della casta. Il Movimento accoglie di buon occhio tutti. Valuta le idee di volta in volta, senza valutarle minimamente. Basta che sul carro salga più gente possibile. E che questi siano interessati a un modo semplice per “rinnovare” la società e per realizzare il sogno di tutti, che è un modo elegante e gentile per dire “dittatura”. Che si guardi il programma: un'accozzaglia indefinita di apoftegmi e utopie buona come richiamo per i tordi, capace di armonizzare la negazione del diritto di cittadinanza ai figli degli immigrati e il reddito di cittadinanza. Un serio piano industriale? Una chiara politica sul lavoro? Una politica economica che non contempli l'elaborazione di gombloddi variegati (a proposito, quelli della Goldman Sachs si sono detti entusiasti dell'ondata grillina)? Macché! Sulla scuola pubblica? Basta l'abolizione della Riforma Gelmini? Basterà introdurre un sistema di valutazione dei docenti universitari basata sui giudizi degli studenti (che saranno certamente ben disposti se saranno stati bocciati)? L'importante è dimezzare i parlamentari e tagliare i vitalizi. Questi provvedimenti sì che ci faranno uscire istantaneamente dalla crisi più grave dal '29 in su, prodotto di un nefasto sistema, su base mondiale, liberistico sfrenato e iniquo, dominato dal potere della finanza. Grazie. Quando sapremo che il capogruppo grillino Crimi prenderà un obolo mensile di 10.000 euro invece che 12.500 faremo tutti sogni ameni. Sotto il ponte della stazione.
Se Berlusconi è figlio della crisi politica causata da Tangentopoli, Grillo è il figlioccio del Berlusconismo.
A ulteriore scanso di equivoci aggiungo che:

  • nessuno mi paga. Magari qualcuno lo facesse;
  • non sono servo della casta: qualunque cosa si intenda per “casta”, temo non mi riguardi;
  • a forza di “svegliaaaa” mi sono svegliato. Ma, come ho già detto, non è un fatto recente;
  • ho così tanto sentito invocare il gombloddo da capire che chi lo invoca ne nasconde uno;
  • la matematica non è mai stato il mio forte, ma so che uno vale uno. Come so che zero vale uno meno di uno;
  • internet mi piace tantissimo. Mi piace molto meno quando diventa un moltiplicatore di assurdità;
  • in effetti mi sento circondato, dall'inettitudine e dalla stupidità. Ma non mi sono ancora arreso. Che illuso.

Benissimo.

Ora, in molti, me compreso, hanno salutato con gioia il rinnovamento del nostro Parlamento, perfettamente consapevoli del contributo, diretto e indiretto, dato dal M5S in questa operazione. Non nascondo di aver auspicato, senza riporvi troppe speranze, un'intesa funzionale alla realizzazione di alcuni importanti e necessari provvedimenti quali la riforma elettorale, il contenimento delle spese della politica, un'efficace legge sul conflitto di interessi, l'elaborazione di un modello vincente di green economy e altri ancora.
Finora, però, abbiamo assistito a un'aberrante sequela di scempiaggini: un misto di incapacità, dipendenza intellettuale e fanatismo (anti)ideologico tale da far impallidire non i partiti della Costituente ma persino quelli di Tangentopoli e della Seconda Repubblica. Tra un Palazzo Madama da cercare su Google Maps, un numero certamente da chiarire di parlamentari (da tagliare) e un inestricabile sistema di elezione del Presidente della Repubblica, gli uno grillini attendono in ansia il verbo urlante dell'Uno plotinamente inteso, ma consustanziale all'Altro, misterioso come Harry Potter sotto il Mantello dell'Invisibilità.
Ora che, numeri alla mano, si potrebbe davvero realizzare qualcosa in direzione del cambiamento, della rottura col passato triviale, anticostituzionale e fautore di iniquità e recessione, gli ambigui segnali provenienti dalle segrete stanze casaleggiane sono di chiusura totale, cauta apertura a un governo di tecnici e di nuovo chiusura totale. La soluzione sarebbe quella di votare la fiducia a un governo grillino, in barba a quel 75% di votanti che non ha scelto il M5S. Non stupisce affatto questo atteggiamento: la chiusura ai partiti è funzionale all'ulteriore promozione del proprio marchio, in vista delle prossime elezioni (e si rivoterebbe con questa legge elettorale?), nonché, temo, alla realizzazione del progetto totalitario e dispotico che da sempre, almeno nella stanza dei bottoni, hanno in testa. Nel mezzo però ci siamo noi, noi “società civile”, a pagare la crisi, la mancanza di governabilità e i ricatti grillini da ventennio nero col nostro portafogli. E non stupisce neppure la durezza dei neo-eletti, del tipo umano più variegato e curioso: dall'ex leghista alla nostalgica del grande senso dello Stato dimostrato dal primo Fascismo (quello del cadavere di Matteotti, giusto per capirci), passando per l'abusivista. È la strategia meritocratica per eccellenza: trombati alle amministrative, ma catapultati in Parlamento secondo la logica per cui gli altri sono arrivisti e corrotti ma sui grillini non si può dubitare; spinti dall'ansia del rinnovamento, essi si prodigano indomiti per la moralità e la giustizia sociale. E attenzione, non si scende a compromessi: si rispetta il decalogo del blog, scritto da uno che, in quanto condannato, non merita di fare il parlamentare ma può liberamente decidere dall'alto la sorte del nostro Paese. E mentre si rispetta il decalogo si manda a spigolare l'articolo 67 della Costituzione.
D'altra parte non è stato spiegato loro che, ora che sono dentro, o vanno a casa pure loro o rappresentano tutto il popolo italiano. Magari lo impareranno durante i corsi di formazione alla Luiss, pagati da Casaleggio. A proposito di scuola pubblica. A proposito di programmi. A proposito di buon senso.

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