Lo dico chiaramente e
preventivamente, in modo che ciascuno, tra i pochi lettori che posso
vantarmi di avere, si regoli di conseguenza e decida se è il caso
di proseguire. Da anni avverto come irritanti, antidemocratici,
inquietanti e pericolosi Grillo e il suo Movimento. Negli ultimi
tempi la loro maggiore visibilità mi ha permesso di arricchire di
nuovi contenuti la mia ostilità. Primo fra tutti quello della
creazione, naturalmente frutto di un ineccepibile piano d'azione
avviato diversi anni fa, di una vera e propria setta.
Da setta è il
linguaggio: giochi di parole, titoli, attributi, frasi condivise,
diffusione del Verbo, diffamazione di tutto ciò che è contrario al
M5S, compresa l'intera stampa italiana percepita come schiava della
casta e dunque aprioristicamente ostile. Risultato? Un gruppo di
adepti coeso come una schiera oplitica. Qualunque cosa accada, è
colpa degli altri, nella più bieca riproposizione della primaria
fantasia del popolo italiano, quella cioè della
deresponsabilizzazione somma e sommaria. La coincidentia oppositorum,
grazie alla quale si può affermare e negare contemporaneamente una
cosa, non solo non è da evitare, ma è auspicabile come cusaniana
chiave interpretativa del divino grilliano. Creazione di un sistema
informativo-mediatico alternativo: la cosiddetta controinformazione,
alias disinformazione. Obiettivo raggiunto insomma.
Da setta è l'assunto
principale: esiste una Verità attingibile, univoca e valida sempre.
Il compito del Movimento è quella di divulgarla, soprattutto tramite
internet, a detta loro, il canale “free” per eccellenza. Non sto
a dilungarmi eccessivamente sulla questione ma, bella o brutta che
sia, esiste democrazia solo laddove i partiti rappresentino interessi
e visioni del mondo differenti. In altre parole la Destra e la
Sinistra non sono sacerdoti di fideistiche rivelazioni differenti e
contrarie ma solo rappresentanti di distinte soluzioni ai problemi di
uno Stato e distinti approcci, mutevoli di volta in volta, al reale.
In mezzo sta, o meglio dovrebbe stare, la dialettica: non a caso il
luogo deputato a tale sintesi si chiama Parlamento, teatro supremo
del dibattito. Molto più semplicemente, a giovamento di chi fosse
duro di comprendonio, non esiste democrazia senza partiti e senza
contrattazione e dibattito tra proposte diverse. Sono i dittatori a
scegliere e imporre a tutti la propria visione del mondo.
Da setta è poi
l'organizzazione interna, necessario derivato del postulato
precedente: chi decide? Le assemblee per alzata di mano? Gli
internauti allo sbaraglio via referendum? Dietro la facciata di
trasparenza e buoni propositi, fatto di rinnovi semestrali delle
cariche amministrative e consultazioni sul web, si cela il
decisionismo della diade Grillo-Casaleggio, che legifera e dispone a
piacimento, in quanto depositaria dell'unica Verità.
Da setta è l'ideologia
anti-ideologica: destra e sinistra sono categorie superate, infidi
tranelli della casta. Il Movimento accoglie di buon occhio tutti.
Valuta le idee di volta in volta, senza valutarle minimamente. Basta
che sul carro salga più gente possibile. E che questi siano
interessati a un modo semplice per “rinnovare” la società e per
realizzare il sogno di tutti, che è un modo elegante e gentile per
dire “dittatura”. Che si guardi il programma: un'accozzaglia
indefinita di apoftegmi e utopie buona come richiamo per i tordi,
capace di armonizzare la negazione del diritto di cittadinanza ai
figli degli immigrati e il reddito di cittadinanza. Un serio piano
industriale? Una chiara politica sul lavoro? Una politica economica
che non contempli l'elaborazione di gombloddi variegati (a proposito,
quelli della Goldman Sachs si sono detti entusiasti dell'ondata
grillina)? Macché! Sulla scuola pubblica? Basta l'abolizione della
Riforma Gelmini? Basterà introdurre un sistema di valutazione dei
docenti universitari basata sui giudizi degli studenti (che saranno
certamente ben disposti se saranno stati bocciati)? L'importante è
dimezzare i parlamentari e tagliare i vitalizi. Questi provvedimenti
sì che ci faranno uscire istantaneamente dalla crisi più grave dal
'29 in su, prodotto di un nefasto sistema, su base mondiale,
liberistico sfrenato e iniquo, dominato dal potere della finanza.
Grazie. Quando sapremo che il capogruppo grillino Crimi prenderà un
obolo mensile di 10.000 euro invece che 12.500 faremo tutti sogni
ameni. Sotto il ponte della stazione.
Se Berlusconi è figlio
della crisi politica causata da Tangentopoli, Grillo è il figlioccio
del Berlusconismo.
A ulteriore scanso di
equivoci aggiungo che:
a forza di
“svegliaaaa” mi sono svegliato. Ma, come ho già detto, non è
un fatto recente;
ho così tanto
sentito invocare il gombloddo da capire che chi lo invoca ne
nasconde uno;
la matematica non è
mai stato il mio forte, ma so che uno vale uno. Come so che zero
vale uno meno di uno;
internet mi piace
tantissimo. Mi piace molto meno quando diventa un moltiplicatore di
assurdità;
Benissimo.
Ora, in molti, me
compreso, hanno salutato con gioia il rinnovamento del nostro
Parlamento, perfettamente consapevoli del contributo, diretto e
indiretto, dato dal M5S in questa operazione. Non nascondo di aver
auspicato, senza riporvi troppe speranze, un'intesa funzionale alla
realizzazione di alcuni importanti e necessari provvedimenti quali la
riforma elettorale, il contenimento delle spese della politica,
un'efficace legge sul conflitto di interessi, l'elaborazione di un
modello vincente di green economy e altri ancora.
Finora, però, abbiamo
assistito a un'aberrante sequela di scempiaggini: un misto di
incapacità, dipendenza intellettuale e fanatismo (anti)ideologico
tale da far impallidire non i partiti della Costituente ma persino
quelli di Tangentopoli e della Seconda Repubblica. Tra un Palazzo
Madama da cercare su Google Maps, un numero certamente da chiarire di
parlamentari (da tagliare) e un inestricabile sistema di elezione del
Presidente della Repubblica, gli uno grillini attendono in ansia il
verbo urlante dell'Uno plotinamente inteso, ma consustanziale
all'Altro, misterioso come Harry Potter sotto il Mantello
dell'Invisibilità.
Ora che, numeri alla
mano, si potrebbe davvero realizzare qualcosa in direzione del
cambiamento, della rottura col passato triviale, anticostituzionale e
fautore di iniquità e recessione, gli ambigui segnali provenienti
dalle segrete stanze casaleggiane sono di chiusura totale, cauta
apertura a un governo di tecnici e di nuovo chiusura totale. La
soluzione sarebbe quella di votare la fiducia a un governo grillino,
in barba a quel 75% di votanti che non ha scelto il M5S. Non stupisce
affatto questo atteggiamento: la chiusura ai partiti è funzionale
all'ulteriore promozione del proprio marchio, in vista delle prossime
elezioni (e si rivoterebbe con questa legge elettorale?), nonché,
temo, alla realizzazione del progetto totalitario e dispotico che da
sempre, almeno nella stanza dei bottoni, hanno in testa. Nel mezzo
però ci siamo noi, noi “società civile”, a pagare la crisi, la
mancanza di governabilità e i ricatti grillini da ventennio nero col
nostro portafogli. E non stupisce neppure la durezza dei neo-eletti,
del tipo umano più variegato e curioso: dall'ex leghista alla
nostalgica del grande senso dello Stato dimostrato dal primo Fascismo
(quello del cadavere di Matteotti, giusto per capirci), passando per
l'abusivista. È la strategia meritocratica per eccellenza: trombati
alle amministrative, ma catapultati in Parlamento secondo la logica
per cui gli altri sono arrivisti e corrotti ma sui grillini non si
può dubitare; spinti dall'ansia del rinnovamento, essi si prodigano
indomiti per la moralità e la giustizia sociale. E attenzione, non
si scende a compromessi: si rispetta il decalogo del blog, scritto da
uno che, in quanto condannato, non merita di fare il parlamentare ma
può liberamente decidere dall'alto la sorte del nostro Paese. E
mentre si rispetta il decalogo si manda a spigolare l'articolo 67
della Costituzione.
D'altra parte non è
stato spiegato loro che, ora che sono dentro, o vanno a casa pure
loro o rappresentano tutto il popolo italiano. Magari lo impareranno
durante i corsi di formazione alla Luiss, pagati da Casaleggio. A
proposito di scuola pubblica. A proposito di programmi. A proposito
di buon senso.